Egregio direttore,
vorremmo esprimere alcune riflessioni alla luce dei risultati di una recente indagine sullo spaventoso consumo del territorio avvenuto nell’ultimo decennio in provincia di Brescia. Il 14 Gennaio scorso il TAR di Brescia ha annullato l’autorizzazione all’escavazione per la Bonfadina, enorme cava di ghiaia e sabbia posta sul confine tra il nostro comune, Rovato, e, Cazzago S.M., in riferimento ai ricorsi di quest’ultimo. La sentenza fa il paio con quella, identica, dello scorso dicembre relativa ai nostri ricorsi rovatesi.Il TAR ha sancito come la Regione non potesse quadruplicare la Bonfadina passando dalla proposta provinciale di 400.000 mc a 1.600.000 mc senza interpellare i Comuni. Nel merito riteniamo gravissimo che si sia consentito alla ditta di iniziare l’escavazione a Agosto con un’autorizzazione ora annullata, sapendo benissimo che il TAR si sarebbe comunque espresso nell’arco di qualche mese in un senso o nell’altro. E ora chi ripristinerà il danno arrecato al nostro territorio dopo quattro mesi di frenetica attività, con file di bilici in ingresso/uscita dal bacino viste da tutti i cittadini?
Non è questo l’unico tema. Stiamo assistendo negli ultimi mesi a altre numerose sentenze del TAR di Brescia che stanno modificando sensibilmente l’abnorme Piano Cave Provinciale bresciano approvato nel 2005 dalla Regione. Oltre alle due sentenze sopracitate il TAR ha annullato anche l’allargamento al di là di una strada comunale della cava Macogna (ATE14) sempre a Cazzago S.M. e alle porte della frazione rovatese di Duomo: escavazione che avrebbe nei fatti costituito l’apertura di un nuovo bacino. A Ottobre è stato annullato lo spostamento operato dalla Regione di 200.000 metri cubi da una cava a Capo di Ponte (ATE1) consentendo l’apertura di un nuovo bacino, l’ATE57, in Comune di Losine. Troppo sfacciata, per il TAR, la violazione della legge regionale che impone di allargare bacini esistenti prima di aprirne di nuovi. A fine Dicembre, inoltre, il TAR ha ribadito che non è possibile cavare nelle vicinanze dell’aeroporto di Montichiari rigettando la richiesta di un cavatore che chiedeva un risarcimento di 630.000 € ogni 45 giorni di mancata attività, 14.000 euro al giorno! Ci piacerebbe sapere quanto dovrebbero allora chiedere i Comuni per i danni ambientali subiti da attività estrattive pluridecennali e se assisteremo a ricorsi della Regione contro queste sentenze del TAR favorevoli ai Comuni.
Ponendoci nel solco di una condivisibile tutela della Franciacorta ipotizzata dalla Provincia, tanto da suscitare le ire funeste della Regione che l’ha commissariata rispetto al Piano Provinciale Rifiuti, ci chiediamo se non sia arrivato il momento di prevedere una revisione del Piano Cave Provinciale, essendo giunti a metà della sua decennale durata.Sul caso della cava Bonfadina, per esempio, ci chiediamo se non sia opportuno preservare l’ultimo terreno rovatese a denominazione DOCG, chiudendo definitivamente questa vicenda che non giova a nessuno: i Comuni rigettano l’idea di aprire un enorme buco di 34 ettari confinante con dei vitigni e appetibile anche per future discariche, la ditta chiede di operare con sicurezza per il proprio futuro. Ad esempio, una revisione del piano potrebbe consentire abbastanza agevolmente una cancellazione definitiva del bacino della Bonfadina con redistribuzione dei suoi volumi su bacini già aperti: l’impatto sarebbe di gran lunga inferiore, in linea con gli indirizzi dati dal TAR e con quanto previsto anche nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. A livello più generale è assodato che i metri cubi di ghiaia assegnati nel 2005 sono eccessivi rispetto a un’edilizia bresciana molto rallentata e a milioni di metri cubi di inerti bresciani estratti per esigenze non bresciane. Il federalismo non vale per le cave? Tanto più ora che stanno avanzando concrete proposte di recupero di inerti al fine di ridurne l’estrazione.
Un ultimo passaggio sulla Regione Lombardia. Dal 2004 una cinquantina di Comuni, con Cazzago S.M. e Rovato capifila, hanno portato all’attenzione del presidente Formigoni una proposta di modifica della legge regionale cave (14/1998) che consenta ai Comuni di contare qualcosa nella pianificazione dei bacini estrattivi. Oggi, infatti, un cavatore proprietario di un’area agricola può vedersela convertita in escavabile da un voto regionale, aumentandone il valore economico di decine e decine di volte, anche se il Comune è contrario. La Regione (con in testa numerosi assessori e consiglieri regionali bresciani, alcuni ricandidatisi alle prossime elezioni regionali) aveva promesso da tempo il superamento dell’attuale legge. E’ passata un’intera legislatura ma non abbiamo visto la modifica di una virgola. Anzi! Abbiamo assistito allibiti a numerosi ricorsi della Regione Lombardia al TAR o al Consiglio di Stato contro i Comuni. Perché invece la Regione non si è costituita in giudizio con la medesima tempestività contro i ricorsi di numerosi cavatori? Ma come, si ricorre contro i Comuni e non contro i privati?Con queste premesse ci chiediamo se dovremo assistere anche a Rovato all’ennesimo avvilente ricorso della Regione Lombardia al Consiglio di Stato anche sulla cava Bonfadina. Non vogliamo però fare di tutta l’erba un fascio. Piuttosto speriamo che i segnali di discontinuità avanzati ultimamente dalla Provincia di Brescia rispetto a questa logica regionale si concretizzino davvero. Un buon inizio sarebbe ripristinare la Consulta provinciale per le attività estrattive che per 5 anni la giunta provinciale Cavalli non ha rinnovato: un organismo che con il contributo di esperti del settore, ordini professionali, Comuni, imprese di escavazione, agricoltori ecc potrebbe davvero aumentare la consapevolezza della necessità di revisionare il Piano Cave Provinciale di Brescia. Sarebbe una prima indicazione che le istituzioni sono tornate a fare pianificazione urbanistica e non hanno demandato, inconcepibilmente, questo compito ai cavatori.
Ing. Angelo Bergomi (Consigliere comunale di Rovato con delega alle attività estrattive)
Eligio Costanzi (Vicesindaco Rovato)
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